La scomparsa di Ettore Majorana - Tutte le Ipotesi

 

25 Marzo del 1938, Ettore Majorana a soli 31 anni, dopo alcune lettere dagli intenti vagamente suicidi al Direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Napoli, scompare misteriosamente nel nulla. Si apre in questo modo uno dei gialli italiani tutt’ora irrisolti. 

Da allora, né le indagini condotte dal capo delle forze della polizia fascista, né le varie speculazioni formulate nel tempo sono riuscite a svelare il mistero della sua scomparsa; persino Leonardo Sciascia si appassiona al caso Majorana e pubblica, nel 1975 su La Stampa, un saggio in sette puntate intitolato “La Scomparsa di Majorana”. 

Riservato ed introverso, Ettore era un uomo e uno scienziato fuori dal comune. L’Italia non poteva permettersi di perdere una delle personalità di maggiore rilievo della fisica mondiale. Lo stesso Mussolini - sollecitato dalla madre di Ettore con una lettera che supplicava l’intensificazione delle ricerche - intimò “Voglio che si trovi”. 


Ricerche che negli ultimi 80 anni sono state improduttive e che mai come adesso fanno tornare alla mente la famosa frase di Enrico Fermi: "Se Ettore Majorana, con la sua intelligenza, ha voluto organizzare la propria scomparsa, nessuno riuscirà mai a scoprirne il mistero". 

Parole che appaiono quanto mai profetiche alla luce delle innumerevoli teorie che si sono susseguite negli anni.

In questo articolo vorremmo ripercorrere insieme le principali ipotesi che sono state formulate sulla scomparsa di Ettore Majorana. È opportuno precisare che ciascuna di esse meriterebbe un articolo di approfondimento, per il momento ci limiteremo ad elencarle ed a restituire un quadro quanto più generale ed imparziale che racchiuda le più importanti, consapevoli che altre ancora se ne aggiungeranno in futuro


Una delle ipotesi principali, avvalorata dalla lettera di Ettore Majorana ad Alfonso Carrelli, è quella del suicidio. Scrive Ettore Majorana: “Caro Carrelli, Ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo…” e con queste parole si imbarca su un traghetto diretto da Napoli a Palermo.  Il giorno dopo, da Palermo, sembra ritrattare la prima lettera con un telegramma in cui scrive “Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna (di Napoli)”.  
Gli ultimi avvistamenti di Ettore sembrano risalire al 26 Marzo 1938 sul piroscafo di ritorno da Palermo a Napoli. 
Nonostante il telegramma di Ettore in cui smentisce i propositi suicidi buona parte della comunità scientifica e della famiglia di Ettore sostennero la tesi del suicidio, non la madre di Ettore però, che non volle mai sentir parlare di suicidio e non prese mai il lutto.   

Le primissime voci dell’epoca si orientarono sull’ipotesi che Ettore si fosse ritirato in un convento. Sono molti gli indizi e le testimonianze che affermano che Ettore abbia cercato rifugio, in maniera provvisoria o definitiva, in un convento. L’ipotesi fu ripresa da Leonardo Sciascia nel 1975 che sostiene l’ipotesi che Ettore si sia ritirato nella Certosa di Serra San Bruno in Calabria e sia "fuggito dal mondo” a causa di una crisi etica e morale per l’intuizione degli effetti terrificanti della bomba atomica. 

 

La Certosa di Serra San Bruno in Calabria, illustrazione digitale di di Paolo Martinello



Cavalca la scia del ritiro monastico anche l’ipotesi della cosiddetta macchina Majorana - Pellizza. Si tratta di una controversa teoria sostenuta da Rolando Pellizza, un giovane imprenditore appassionato di matematica, che dichiara di aver incontrato casualmente Ettore Majorana in un convento nel 1958. Divenuto suo allievo costruisce una macchina, teorizzata da Majorana, che permette di annichilire e trasmutare la materia creando energia a costo zero. 

 

La Macchina Majorana-Pellizza

 


Un’altra ipotesi controversa diffusasi subito dopo la scomparsa è quella che vede Ettore collaborare con i nazisti per mettere le sue conoscenze al servizio del Terzo Reich.  É noto che nel 1933 (anno in cui Hitler assume i pieni poteri ) Ettore soggiornò a Lipsia per 6 mesi e lì ebbe occasione di confrontarsi con fisici del calibro di Heisenberg e Bohr. Il soggiorno fu certamente molto istruttivo per Ettore ed alcune lettere da lui spedite nel soggiorno tedesco hanno lasciato intendere una certa “simpatia” nei confronti della politica tedesca, simpatia che invece pare smentita in altre missive alla famiglia e all’amico Giovannino Gentile (figlio dell’omonimo filosofo italiano) a cui scrive: “...anche la lotta antiebraica , sebbene in parte giustificata dall’istinto, non lo è altrettanto dalle ragioni che si adducono per sostenerla, fra cui domina tristemente l’eterno tema della razza…”. 
Su questa scia, una teoria che venne ampiamente valutata all’epoca fu quella del rapimento da parte di agenti di qualche polizia straniera. Erano anni di forte tensione internazionale e di certo la notizia della scomparsa di un noto fisico del calibro di Majorana metteva in allerta i servizi di spionaggio e controspionaggio internazionali.  

Adolf Eichmann (al centro) con un uomo a sinistra che secondo alcuni è Majorana. Foto del 1950

 

Nel 1978 si aggiunse “la pista argentina”: un giornalista corrispondente da New York racconta sul settimanale Oggi che un noto fisico cileno ha avuto notizie della presenza di Ettore Majorana a Buenos Aires. Le testimonianze appaiono affidabili e concrete. Si aggiungono anche possibili motivazioni alla “fuga argentina” riconducibili al desiderio di Ettore di sfuggire alle oppressioni di una madre e una famiglia soffocante di stampo meridionale e da un ambiente scientifico, quello italiano, in cui non si riconosceva affatto. 

Alla pista argentina nel 2008 si aggiunse l’ipotesi della fuga e permanenza in Venezuela. La Procura di Roma, infatti, decise di riaprire le indagini a seguito di alcune rivelazioni di un testimone italiano, Francesco Fasani, immigrato in Venezuela. Fasani rivela di aver conosciuto un certo signor Bini, che sostiene essere Ettore Majorana, ed essersi scattato una foto con lui. Nella macchina del signor Bini Fasani sostiene di aver trovato una cartolina inviata dallo zio Quirino a Ettore Majorana.  Nel 2016, il libro “La Seconda vita di Majorana” (Sceresini, Borello, Girolfi) indaga a fondo l’ipotesi venezuelana, la fuga e gli spostamenti di Ettore in Sud America.  

Franesco Fasani (a sinistra) con Bini nel 1955 a Valencia, in Venezuela

 
Un’ultima ipotesi su cui vogliamo soffermarci è quella sostenuta da molti abitanti di Mazzara del Vallo in Sicilia che sostengono di aver identificato Ettore Majorana in un clochard di nome Tommaso Lipari soprannominato “l’uomo cane”, che viveva in città tra il 1940 ed il 1973. L’ipotesi sembra avvalorata dal fatto che il clochard avesse eccellenti doti matematiche e fisiche ed aiutasse i ragazzi del paese con le materie scientifiche. In più aveva una cicatrice sulla mano uguale a quella di Ettore e pare avesse confessato ad un abitante di Mazzara, di essere proprio Ettore Majorana. 


Ora che abbiamo ripercorso insieme tutte le possibili ipotesi circa la sua scomparsa, non smettiamo comunque di chiederci “Cosa ne è stato di Ettore Majorana?”. Sí, perché tutte queste ipotesi possono essere tutte al contempo vere e false. Non a caso, per definire la misteriosa sparizione di Ettore, si è parlato di “scomparsa quantistica” giacché non esistono dati sufficienti affinché un'ipotesi prevalga nettamente su tutte le altre, come le particelle che nella meccanica quantisica possono realmente esistere in uno stato indeterminato, in cui diverse possibilità, anche contrastanti, convivono. 

A noi piace pensare che Ettore sia sopravvisuto, e abbia messo la sua intelligenza ed il suo genio alla ricerca di una verità piu importante della verità scientifica, la sua verità interiore. Per dirla come Erasmo Recami "lo spirito sensibilissimo di Ettore soffre per le prioprie difficoltà di contatto umano; il suo rigore iper critico e la sua timidezza gli pongono già tanti vincoli. Non può sopportare ulteriori pesi esterni, quelli di recitare delle parti: né quella di professore, né quella di fisico, né quella di figlio."

Una fuga dal proprio "pupo" Pirandelliano quindi, e forse a suggerire ad Ettore la soluzione furono proprio le pagine di uno dei capolavori dello scrittore agrigentino da Ettore molto amato: "Si lascia il cappello e la giacca, con una lettera in tasca, sul parapetto d’un ponte, su un fiume; e poi, invece di buttarsi giù, si va via tranquillamente: in America o altrove” (Il Fu Mattia Pascal” L. Pirandello).

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Autore: Mirella Buono